“Senza l’Eucaristia
l’unità perderebbe il suo
polo di attrazione
divina e si ridurrebbe
a un sentimento
e ad una dinamica solamente
umana, psicologica, sociologica.
Invece l’Eucaristia garantisce che
al centro ci sia Cristo,
e che sia il suo Spirito,
lo Spirito Santo
a muovere i nostri passi
e le nostre iniziative
di incontro e di comunione.”
Papa Francesco
Letture:
Deuteronomio 8,2-3.14b-16a; Salmo 147;
1 Corinzi 10,16-17; Giovanni 6,51-58
«Ricordati del cammino», sussurra la prima Lettura. Ricordati! Perché l’oblio è la radice di tutti i mali. Ricorda il deserto e il monte, il vento delle piste, la bellezza dell’anima affaticata dal richiamo di cose lontane. E poi la manna scesa all’improvviso, quando non l’aspettavi più. Ricordati del tuo deserto tra scorpioni e serpenti, ma soprattutto dell’acqua giunta sotto forma di una risposta, un amore bello, un amico, una musica. Improvvisi squarci si sono aperti a dirti che non sei solo, che non sei smarrito tra le dune del deserto.
Che Dio è acqua e pane incamminati verso la tua fame. La mia forza è sapermi cercato, con la mia vita distratta e le risposte che non do; sapermi desiderato è tutta la mia pace. Io vivo di Dio. Ricordati del cammino: dialoga con la storia della tua vita, rimani nella tua sorgente limpida. Il Vangelo oggi ha solo otto versetti, e Gesù a ripetere per otto volte: Chi mangia la mia carne vivrà in eterno. Quasi un ritmo incantatorio, una divina monotonia, nello stile di Giovanni, che avanza per cerchi concentrici e ascendenti, come una spirale; come un sasso che getti nell’acqua e vedi i cerchi delle onde che si allargano sempre più.
È il discorso più dirompente di Gesù: mangiate la mia carne e bevete il mio sangue. Un invito che sconcerta amici e avversari, e lui che ostinatamente ne ribadisce, per otto volte, come in otto cerchi, la motivazione, sempre più chiara e diretta: per vivere, semplicemente vivere, per vivere davvero. Altro è vivere, altro è lasciarsi vivere. È l’incalzante convinzione di Gesù di possedere qualcosa che cambia la direzione e la qualità della vita. È il dono di Dio. Il dono di Dio è Dio che si dona: si dona e si perde dentro le sue creature come lievito dentro il pane, come pane dentro il corpo.
«Carne, sangue, pane di cielo» indicano la totalità della sua vicenda umana e divina, le sue mani di carpentiere con il profumo del legno, le sue lacrime, le sue passioni, la polvere delle strade, la casa che si riempie di profumo, la pietra che rotola via. E Dio in ogni fibra. Un pezzo di Dio in me perché io salvi un pezzetto di Dio nel mondo. Il suo invito pressante significa: mangia e bevi ogni goccia e ogni fibra di me. Vivi di me. Prendi la mia vita come misura alta del vivere, come lievito del tuo pane, seme del tuo campo, sangue delle tue vene, allora conoscerai cosa sia vivere davvero. Mangiare e bere Cristo significa più che «fare la comunione» eucaristica, è «farmi comunione con Lui». Il Verbo si è fatto carne perché la carne si faccia Spirito. L’Eterno cerca la nostra setacciata briciola di cielo; per poi ridarcela, luminosa e serena.
P. Ermes Ronchi
Nella sinagoga di Cafarnao Gesù ha tenuto un lunghissimo discorso sul tema del pane, il più lungo riportato dal quarto evangelista, discorso che ora giunge alla sua conclusione e al suo culmine. Viene esplicitamente rimarcato un collegamento tra Gesù, il pane e il cielo (cfr. vv. 51.58): Gesù, il pane vivo, è il dono di Dio dall’alto ma anche la via, l’alimento necessario per vivere, per vivere «in eterno» (v. 51), per compiere l’unione con Dio, che abita nei cieli. Un linguaggio evidentemente simbolico, figurativo, esistenziale. Ma il discorso si fa oggettivamente scandaloso, «duro» (v. 60), quando viene fatta l’equazione pane = carne e Gesù invita a bere il suo proprio sangue (cfr. v. 53).
Se tale proposta può destare sorpresa o forse anche un certo fastidio ai nostri giorni, a maggior ragione doveva apparire stupefacente alle orecchie dei contemporanei di Gesù. Non possiamo infatti dimenticare la proibizione biblica che vietava di assumere il sangue di animali – figurarsi quello umano! –, perché sede della vita (cfr. Dt 12,23): l’esperienza empirica confermava che l’assenza di sangue in un organismo comportava morte certa; e Dio solo può disporre della vita! Che discorso è dunque mai questo? Di fatto, all’udire queste parole, nei contemporanei di Gesù scattano l’interrogativo (cfr. v. 52), il rifiuto e anche l’abbandono (cfr. v. 66). Eppure Gesù conferma ripetutamente la proposta con ulteriori espressioni similari: «Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui»; «Colui che mangia me vivrà per me» (Gv 5,57). Qui, addirittura, sembra si arrivi ad una sorta di invito al cannibalismo…
La sorprendente e shockante accusa di antropofagia venne effettivamente rivolta dalle autorità giudiziarie al tempo delle prime comunità cristiane, anche a seguito delle espressioni riportate soprattutto dall’evangelista Giovanni. Che se può forse giustamente essere detto il più spirituale dei quattro, l’aquila che ha volato più vicino al mistero stesso della Trinità di Dio, lo ha fatto a partire da un realismo storico-sacramentale a cui ci vincolano Gesù stesso e la Chiesa dopo di lui. Il realismo eucaristico, «chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno» (v. 54) del brano oggi offerto alla nostra meditazione richiama l’autenticità e la forma dell’incarnazione, e il tempo liturgico pasquale appena conclusosi ci aiuta a coglierne tutte le conseguenze: siamo chiamati a condividere la medesima vita del Padre, del Figlio e dello Spirito santo!
La tradizione cristiana è stata – e a volte lo è ancora – accusata di eccessivo spiritualismo, di essere lontana dai problemi reali della gente, di amplificare la dimensione verticale a scapito di quella orizzontale. Se le generalizzazioni sono sempre infelici, è difficile peraltro negare l’autenticità di tale critica in alcune situazioni storiche e sociali precise. Eppure lo spazio e l’attenzione che il migliore cristianesimo ha da sempre rivolto al corpo (si pensi alla cura dei malati, all’insistenza sulla fisicità della risurrezione di Gesù, alle posizioni da assumere per aiutare la preghiera, alla materialità delle opere d’arte per dire il mistero di Cristo, alla condivisione spaziale di coloro che vivono in famiglia e nelle comunità…), è semplicemente sorprendente. Su questo tema c’è evidente un filo rosso che unisce tutte le genti e le culture, superando ampiamente il solo riferimento biblico.
Ma Gesù, che ha conosciuto sulla sua pelle la bellezza e la necessità del cibo quale elemento chiave della vita, della crescita e del mantenimento del corpo, non può svincolare la sua persona da un elemento così radicale della vita di ogni uomo. Arrivando a proporsi, addirittura, quale unico alimento che può dare la vita vera, piena. L’incarnazione raggiunge qui davvero un suo climax. Ogni volta che partecipiamo in modo attivo e consapevole all’eucaristia ci viene regalato un incontro con il Signore Gesù tanto fisico quanto profondo. La riflessione ecclesiale ha condensato la sua sapienza nell’adagio: mangiando (di) lui, in lui siamo trasformati. Mantenendo evidentemente la nostra singola identità personale, riceviamo la possibilità di far maturare (e come si può crescere se non attraverso l’assunzione del cibo?) il seme della vita divina deposto in noi fin dal battesimo, dando anche forma ad un unico corpo fraterno unito dall’amore, quell’amore che nutrì e contraddistinse l’esistenza di Gesù: «Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me» (v. 56).
Quest’anno gli orario delle celebrazioni saranno i seguenti:
Sabato 10 giugno:
ore 19.00 S. Messa vespertina nella parrocchiale di Marrubiu
Domenica 11 maggio:
ore 08.30 S. Messa nella parrocchiale di Marrubiu
ore 19.00 S. Messa nella parrocchiale di Sant’Anna seguita dalla processione per le vie della borgata (le vie della processione saranno comunicate di seguito).
La proposta di celebrare l’eucarestia seguita dalla processione del SS. Sacramento, richiesta da alcuni rappresentanti della borgata di Sant’Anna, è stata accolta in via sperimentale, per quest’anno, al fine verificare e rafforzare una maggiore collaborazione tra le due Parrocchie. Per questo motivo, la processione, non si svolgerà a Marrubiu.
Sabato 10 giugno, alle ore 15.30, si chiede la disponibilità per alcune ore di lavoro, per lo sgombero di alcuni locali annessi alla Parrocchia e la pulizia generale della chiesa.
Si ringraziano tutti coloro che vorranno offrire la loro disponibilità manuale nei lavori da realizzare.
Itinerario della processione:
Chiesa parrocchiale, Via Parma, Via Alghero, Via Palermo, Via Rinascita e rientro nella chiesa parrocchiale. Durante la processione ci saranno tre soste per la preghiera. Al rientro in chiesa, benedizione eucaristica conclusiva.