Riflessioni a margine della recente benedizione delle famiglie

  Benedite quelli che vi perseguitano.
 Benedite e non maledite.

Rm 12, 14

Nei giorni scorsi ho concluso la visita e la benedizione pasquale delle famiglie che ha toccato oltre la metà del paese. Purtroppo, a motivo di altri impegni pastorali, legati alla preparazione delle attività estive dei ragazzi, non ho potuto completare la visita per tutte le famiglie.
Questa esperienza, che ho vissuto per la prima volta a Marrubiu, è stato un momento di grazia e di benedizione, innanzitutto per me. Ho avuto modo di entrare per la prima volta in diverse case e invocare la benedizione di Dio per i componenti delle famiglie che mi hanno accolto.
Non si è trattato di una visita di cortesia o di conoscenza fine a sè stessa, ma di un momento che può essere apprezzato soltanto nel segno della fede. Ho avuto modo di conoscere e ascoltare nuove persone, stringere mani, incrociare volti e, in molti casi, comunicare in profondità oltre il non detto.

Con questa mia riflessione, voglio tentare di condividere un piccolo bilancio di questa mia prima esperienza con la Comunità Parrocchiale.
La maggior parte delle famiglie mi è sembrato abbia accolto positivamente questa mia visita, pensata inizialmente solo per chi la richiedeva esplicitamente, ma poi allargata a tutti indistintamente.
Scopo della visita infatti, non era soltanto quello di conoscere meglio la Comunità, ma soprattutto quello di portare la grazia della benedizione di Dio.
In diversi casi sono stato accolto con cordialità, ma senza nessuna preghiera di benedizione, perché non avvertita importante e opportuna. In qualche caso mi è stato detto di non essere interessati, in altri sono stato accolto con sentimenti di attesa, di fede vera e sincera e spesso anche con evidente commozione. In alcuni casi non ho trovato nessuno in casa e altre volte non mi è stata aperta la porta e pur avendo ribadito ripetutamente la mia disponibilità a ritornare, non sono stato ricontattato. Interpreto questo fatto non tanto come un esplicito rifiuto, ma come una sorta di disagio o disinteresse che potrebbe avere diverse spiegazioni. Significativo il fatto che non sono entrato nelle case di alcuni parrocchiani, molto vicini alla Parrocchia, e anche collaboratori.

Camminare da solo per le strade del paese è stato per me motivo di profonda riflessione, che portava a chiedermi il senso più vero della mia missione a Marrubiu, nello specifico del mio servizio ministeriale, mentre chi incrociavo per la strada era colto da un senso di curiosità e di stupore.
Ho provato una salutare fatica e una maggiore consapevolezza di come anche la cultura dei nostri paesi sia soggetta ad una graduale scristianizzazione e assoluta indifferenza.
Marrubiu è un paese che appare sincero ma, per certi versi, rassegnato, con evidenti limiti, ma con tante potenzialità, frenate da un sistema di controllo sociale e culturale che costituisce un vero blocco nei processi educativi, specialmente dei ragazzi e dei giovani. La cartina di tornasole di questa mia discutibile analisi, trova però conferma nella catechesi parrocchiale, quindi nelle relazioni con le famiglie dei bambini e dei ragazzi.

La stessa percentuale di coloro che praticano la Parrocchia sfiora il 5%.  Questo dato, tuttavia, non è esaustivo e va letto alla luce di tante prospettive.

La Comunità di Marrubiu è una comunità dignitosa e laboriosa. L’apporto di tante persone, che nel tempo si sono trasferite a Marrubiu per ragioni di lavoro e di famiglia, ha contribuito certamente, non solo ad aumentare demograficamente di numero, ma anche a riversare sul nostro paese una ricchezza di apporti anche economici.

Credo sia importante implementare il servizio della CARITAS parrocchiale, non solo per sostenere le famiglie in difficoltà con l’offerta dei viveri di prima necessità, ma, soprattutto, con proposte più adeguate che siano di stimolo alle giovani famiglie, anche per superare la tentazione dell’estraneità. Ho avuto conferma anche di tante situazioni di povertà ben più gravi e complesse di quella economica, che che confermano l’assistenzialismo è una piaga sociale che genera povertà e condanna all’immobilismo. Va pertanto rivisto lo schema di una carità che fa dipendere le famiglie dalla Parrocchia nei bisogni primari (viveri e bollette), senza stimoli e proposte coraggiose che guardino in profondità alla totalità dell’essere umano.

Creano in me allarme e timore alcune diffuse forme di superstizione, occultismo e pratiche che vanno nella direzione contraria della benedizione. Il tutto poi raccordato maldestramente, con una disinvolta pratica religiosa. Il male, purtroppo, è sempre presente nel mondo, ma servircene per difenderci genera una cultura regressiva di inimicizia e di morte. Come credenti dovremmo tener presente ciò che San Pietro scrive nella sua prima lettera: «Non rendete male per male né ingiuria per ingiuria, ma rispondete augurando il bene. A questo infatti siete stati chiamati da Dio per avere in eredità la sua benedizione» (1Pt 3,9).

Ereditare la benedizione significa perciò: «Accogliere la vita di Dio». Ricevere la vita, non come qualcosa di dovuto, ma come un dono da trasmettere a propria volta agli altri. È evidente che quando riceviamo la benedizione non è per tenerla per noi, divenendone proprietari, ma per comunicarla, diffonderla. Siamo chiamati a trasmettere il bene, non il male e Dio ha bisogno di noi per questa trasmissione. Dio, che è per eccellenza l’Essere di benedizione, vuole che, a nostra volta, diventiamo esseri di benedizione capaci di propagare attorno a noi la benedizione e attribuirla al suo autore.

Compito e impegno che sento di suggerire alla Comunità è questo: benedire, dire bene sempre!

Solo così si neutralizza il male.  Benedire Dio e i nostri simili su questa terra affinché la nostra terra non sia una terra maledetta, ma benedetta! La benedizione di Dio è vita per noi e ci introduce in questo immenso movimento di creazione e ricchezza che la fede produce. Noi siamo immagine e somiglianza di Dio, nel quale non c’è posto per la maledizione.

Quando Gesù si congeda dai suoi discepoli, il giorno dell’Ascensione, l’evangelista Luca dice che fu trasportato in cielo benedicendo: «Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse. Mentre li benediceva, si staccò da loro e veniva portato su, in cielo. Ed essi si prostrarono davanti a lui; poi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio» (Lc 24,50-53).

Gesù ci lascia la sua benedizione, spartisce la sua eredità, ed è per questo che, dopo la sua doppia benedizione, Luca termina il suo Vangelo con le parole: «Essi tornarono a Gerusalemme con grande gioia e stavano sempre nel tempio lodando Dio». Il benedetto di Dio, Gesù, non ci lascia soli, ci lascia la sua benedizione, cioè il suo Spirito Santo: «La caparra della nostra eredità», come dice san Paolo, affinché siamo tutti «figli di benedizione». Questo Spirito ci insegna giorno dopo giorno a diventare uomini e donne di benedizione, a lasciar scorrere dai nostri cuori di pietra la benevolenza che ama la vita e che ci riconcilia tra di noi».

La benedizione ci mette in uno stato di benevolenza permanente, pur con le naturali crisi relazionali. La Bibbia, e particolarmente i Salmi, è piena di questi inviti alla benedizione: «Noi, i viventi, benediciamo il Signore, ora e nei secoli dei secoli» (Salmo 113);

Tutti siamo capaci di dire che Dio è buono, ma credere che è al centro delle nostre vite come una potenza di amore, di benedizione e di benevolenza, è molto più difficile.

La tentazione della maledizione – dire male, è sempre insorgente, È forse in questo campo che sentiamo maggiormente le nostre difficoltà, per non dire la nostra incapacità a vivere con un cuore nuovo: il pendio è così sdrucciolevole per mormorii e critiche continue, giudizi e facile catalogazione.

La benedizione genera vita e fecondità, la maledizione povertà, separazione, sofferenza e anche morte.

Sento di ringraziare tutti coloro che nella sincerità del loro cuore hanno manifestato accoglienza generosa contribuendo ai bisogni della Parrocchia. Quando, dopo la visita mi si chiedeva: quanto dobbiamo dare? La mia risposta era lapidaria e secca: nulla!.

La maggiore parte, nell’offrire la generosità del loro cuore hanno accompagnato il gesto del dono con queste parole: gradisca il buon cuore, è poco! Il ‘poco’ fatto col cuore da parte di diverse famiglie ha contribuito per un importo di euro 6.483,50

In un momento in cui la Parrocchia sta investendo per diverse attività pastorali, specialmente per i ragazzi di diversi gruppi, questo contributo è una benedizione che conferma il nostro operato a servizio di tutta la Comunità.

Concludo rinnovando a tutti la mia sincera gratitudine e il mio affetto. In ogni celebrazione dell’eucarestia presento al Padre la nostra Comunità.

Ci conceda il Signore per intercessione di Maria, nostra patrona, di godere di ogni sua benedizione.

Marrubiu, 15 giugno 2023

don Alessandro