2. Generare alla fede i nostri ragazzi: il necessario riferimento alla Comunitàparrocchiale (2°)
Chiediamoci in che modo, nelle nostre Parrocchie, prive oggi di risorse umane e fortemente ridotte nella stessa presenza giovanile, si può contribuire a generare nella fede i nostri ragazzi? E ancora, cosa intendiamo per Comunità cristiana?
Pensando alla mia Comunità parrocchiale di Marrubiu e Sant’Anna, la intendo, oramai già da tempo, come un’unica Comunità, nella condivisione dei diversi servizi: dalla catechesi alla liturgia, dalla carità all’organizzazione, dal mantenimento delle strutture alla gestione dell’economia, dall’animazione della preghiera ai servizi più umili ma non meno preziosi.
In questo primo significato, la comunità che educa i nostri ragazzi, è costituita da tutti i collaboratori pastorali: i volontari della Caritas, i Ministri Straordinari della Comunione, la Confraternita, gli animatori della musica e del canto, “educano” i giovani, pur senza avere un mandato diretto nei loro confronti.
A questo livello occorre vincere una tentazione pastorale: l’apertura della caccia (così è stata definita da un noto Vescovo). Cioè: tutti chiedono di inserire dei giovani tra le loro fila. Si percepisce in modo chiaro, a motivo dell’età media semepre più alta, come alcune figure ministeriali rischiano di scomparire a motivo di un mancato ricambio generazionale.
La pastorale non può diventare una campagna di arruolamento più o meno forzato. È piuttosto il gruppo dei giovani che, attraverso un discernimento guidato, intreccerà la sua attività con i diversi ambiti pastorali della comunità, scoprendo nel tempo non solo ciò che giova alla Comunità, ma in particolare permetterà al ragazzo/a di esprimere il suo carisma arricchendo innanzitutto se stesso e la Comunità.
Proprio per questo, oramai da tempo, si suggerisce che i giovani devono avere voce in capitolo negli organismi parrocchiali e in primo luogo nel Consiglio pastorale parrocchiale, che non può solamente parlare dei giovani, ma deve anche ascoltare i giovani. A questo riguardo, ho già pensato di proporre, nel prossimo Consiglio pastorale, che sarà costituito nel mese di febbraio, un ragazzo e una ragazza che con la loro stessa presenza ‘provochino’ il nostro modo di pensare e di programmare per loro.
La Comunità cristiana cresce e matura attorno alla mensa eucaristica, ma oggi non possiamo non riconoscere come la proposta e l’educazione alla centralità dell’eucarestia necessiti di attenzioni specifiche relative alla complessità dei nostri tempi. Dobbiamo inoltre riconoscere che i nostri ragazzi che praticano l’eucarestia lo fanno con generosità ma la scoperta e la consapevolezza dei significati profondi dell’eucarestia, molto spesso e relegata ad un ritualismo generico che poco incide nella loro vita. D’altra parte, la stessa struttura e animazione delle nostre celebrazioni, si avvale di linguaggi che vengono avvertiti con fatica dagli stessi ragazzi, i quali non sempre escono ravvivati nella fede dalle nostre liturgie eucaristiche.
È chiaro che non possiamo trasformare la Messa in una rappresentazione teatrale e nemmeno dimenticare che vi partecipano non solo ragazzi e giovani, ma anche bimbi, famiglie, adulti e anziani. Eppure qualche atto di fiducia nei giovani, anche osando, può aiutare: affidando loro qualche servizio, e anche come è capitato in Parrocchia, nella solennità dell’Epifania, affidare ai ragazzi la condivisione di una pagina evangelica riflettuta e preparata insieme e presentata da un ragazzo.
In un tempo di profondi e radicali cambiamenti nella nostra società e nella Chiesa è chiaro che non tutto potrà essere visto come prima e anche le rubriche e gli orientamenti della liturgia dovranno essere rivisti.
La parrocchia è normalmente sparsa su un territorio, con i suoi problemi e le sue risorse, con una determinata configurazione geografica (pianura, mare, collina, montagna città) e sociale (quartiere popolare, campagna,centri storici e così via). Ogni parrocchia presenta quindi un volto specifico, e questo volto è anche un’opportunità missionaria che ci spinge ad andare sempre oltre quelli che sono i confini geografici o ecclesiali (parrocchia, diocesi ecc.).
Certamente la formazione di adolescenti e giovani deve essere attenta al territorio, e da lì ricevere stimoli e ispirazioni, ma è anche vero che, grazie ai nuovi scenari ecclesiali (accorpamento di parrocchie) occorre andare sempre oltre gli schemi del momento, in un dinamismo, anche geografico, che stimoli i ragazzi a formarsi e crescere nella fede a contatto con nuove realtà e nuovi punti di riferimento.
Sappiamo bene che non è più il tempo della formazione intesa solo come catechesi e della catechesi intesa solo come esperienza di confronto attorno a un tavolo. Non possiamo disattendere il bisogno degli stessi ragazzi di esplorare nuovi orizzonti e nuove conoscenze. Ma, allo stesso tempo, non possiamo illuderci che con le sole proposte per certi versi accattivanti (viaggi, esperienze ecc.) sganciate da una permanente educazione al senso profondo delle stesse proposte, si possano raggiungere traguardi significativi. Se manca questo sostegno, da parte della Parrocchia e delle famiglie, la partecipazione degli stessi ragazzi, verrà gradualmente sempre meno. L’impegno della Parrocchia, del gruppo catechistico e delle stesse famiglie, è quella di una costante educazione e stimolo al senso profondo di tutto ciò che viene proposto.
don Alessandro