XII domenica del Tempo Ordinario; commento al vangelo

Letture:
Letture: Giobbe 38,1.8-11; Salmo 106;
Seconda Corinzi 5,14-17; Marco 4,35-41

Questa domenica, a conclusione dell’anno pastorale, la nostra Comunità avrà la gioia di vivere una nuova Pentecoste per 10 ragazzi e ragazze della nostra Parrocchia.
Davanti alla grandezza di Dio, il dono della Cresima o della Confermazione mette in evidenza la piccolezza e la fragilità della nostra fede e della nostra umanità.
Dio non si allontana da questa nostra condizione ma, mediante il suo Spirito – ci ricorda San Paolo – viene in aiuto alla nostra debolezza e ogni nostra fragilità, palese o nascosta.
La stagione della giovinezza, fa emergere fragilità e potenzialità. Vogliamo affidare con rinnovata fiducia: Diego, Maria, Alice, Gabriele, Samuele, Stefano, Camilla, Noemi, Daniele e Jacopo, alla misteriosa forza dello Spirito Santo che rinnova ogni cosa e fa ardere nel nostro cuore il desiderio dell’Assoluto, del bene, dell’amore.

Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?». Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».Mi domando come sarebbe andata a finire se gli Apostoli non lo avessero svegliato, se avessero continuato a tirar fuori l’acqua dalla barca, ad aggiustare vele e timone in favore di vento, se lo avessero lasciato dormire tranquillo a poppa. Qualche schizzo gli sarebbe arrivato sul volto e sulla barba o si sarebbe svegliato comunque fradicio di acqua, infreddolito dal vento? E se la barca fosse affondata? Avrebbero cercato le sue mani tra i rottami, nelle onde alte, trascinati dalle correnti? O forse la tempesta si sarebbe comunque improvvisamente placata, cullata dal respiro regolare del sonno del Maestro? Mi domando in fondo cosa sarebbe successo se gli apostoli avessero avuto davvero fede. Ma forse, anzi sicuramente, questa pagina è stata scritta per me che, afferrato dallo spavento in ogni tempesta della mia vita e scosso dalle bufere inaspettate, urlo di terrore e chiedo al mio Dio: Dove sei, perché dormi? Non ti importa niente di me? E mi aspetto sempre un intervento miracoloso che faccia dissolvere le origini delle mie paure e che sciolga tutti i nodi della mia vita. Ancora non ho capito, ancora non ho fede. Ad ogni brivido di paura che mi coglie, ad ogni pericolo che sento incombente, la mia fede deve cominciare daccapo, come un nuovo inizio. Sulla bilancia della mia vita pesano più le paure che la mia fede. Eppure Lui lo ha detto: «Se aveste fede quanto un granellino di senape…(Lc.17,6)» meno di una lenticchia, appena un chicco di fede e potrei far volare gli alberi o semplicemente accucciarmi fiducioso nel mare in tempesta.Mi piacerebbe arrivare in porto con Lui, cullato dal suo lento e sicuro remare, sbarcare sulla terraferma tra le sue braccia lasciandomi alle spalle la bufera: al sicuro insomma, «come un bimbo svezzato
in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è in me l’anima mia» (Sal.131, 2). Invece so già che mi ritroverò a gridare di paura, a rimproverargli la sua assenza, a provocarlo dicendogli che tanto di me non gliene importa niente se non fa quello che dico. Ancora una volta pretendo un Dio fatto a mia immagine, che ragioni con la mia testa, che abbia le mie stesse soluzioni ai problemi e fatico, come remare controcorrente, a comprendere che Lui è immensamente più di me e mi sussurra all’orecchio «i miei pensieri non sono i tuoi pensieri, le tue vie non sono le mie vie» (Is. 55,8). Anche le vie del mare in tempesta, anche quelle strade che sembrano labirinti in cui mi perdo. Non al vento, ma a me oggi Gesù dice: «Taci, calmati», stai tranquillo, non ti agitare, per te ho in serbo il meglio. Sei in buone mani, nelle mie mani.

Luigi Verdi