Un nuovo anno: in cammino nel tempo verso il compimento

Con le parole di Papa Benedetto XVI

Nel mistero dell’istante che passa e fa scorrere i giorni sul calendario, in questo inizio di anno, portiamo con noi speranze e propositi, ferite del passato e ansie d’avvenire, progetti e impegni. Non era probabilmente diverso ciò che abitava l’animo di Maria che, di fronte alla nascita di Gesù, come recita la Parola, «custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore». Anche noi forse abbiamo “cose” depositate nel cuore su cui meditare, eredità di quanto vissuto, come umanità e come singole persone.

Sappiamo che si è chiuso un anno non facile. Quali speranze legittime per il futuro? Paolo ci ricorda oggi che «quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio»: troppo spesso dimentichiamo che il tempo, per chi ha fede, non è abbandonato da Dio, non è da lui ignorato; che non è il caso ad avere il filo delle vite; la nostra dimenticanza, però, a volte ha buoni motivi, stante la fatica del vivere, la pena del mondo, i dolori di tanti, i drammi della libertà umana quando diviene causa di sofferenza. Sembra a volte che il tempo non abbia l’amorevole accompagnamento di Dio, il quale però (è sempre Paolo ad affermarlo), mandò suo Figlio perché «ricevessimo l’adozione a figli». Dunque, per fede crediamo in un Dio che ci è Padre e governa il tempo, sebbene il quotidiano non ci rafforza sempre in questa convinzione. Ma mandare il Figlio, nel mistero dell’incarnazione e nascita di Gesù, annulla la distanza di Dio, che si fa appunto Padre e dona il Figlio come compagno di cammino: «La fede cristiana professa […] che Dio non è prigioniero della sua eternità e non è coartato alla sola sfera spirituale, ma può invece interferire hic et nunc nel mondo; e vi ha realmente interferito in Gesù, nuovo Adamo, nato da Maria vergine ad opera della potenza creatrice di Dio»: così scriveva nel 1968 Joseph Ratzinger in Introduzione al cristianesimo, il testo che lo fece conoscere al popolo cristiano. E mentre partecipiamo alla chiusura della vita terrena di colui che è stato Benedetto XVI, varrà la pena sostare su quello che è stato uno dei nuclei del pensiero del teologo divenuto Papa, così adatto al giorno che apre l’anno nel segno di Maria: Cristo è l’interferenza di Dio nella vita del mondo, qui e ora: ieri, oggi, ancora, sempre. Questa interferenza è dono: essa è l’incarnazione, avviene nella «pienezza del tempo». Ma da allora, dalla nascita di Gesù, è sempre pienezza del tempo, perché il Cristo incarnato, nato, vissuto, morto e risorto è perennemente vivo, perennemente (e misteriosamente) presente, fino al compimento del tempo, fino al punto Omega – direbbe Teilhard De Chardin – dove non vi saranno più né lutti né guerre, né dolori né violenze. «La meta agognata dal cristiano non è una beatitudine privata, bensì la realizzazione del tutto. Egli crede in Cristo; crede quindi nel futuro del mondo, non solo nel proprio futuro individuale. Sa molto bene che questo futuro ha una portata assai più vasta di quella che sarebbe in grado di dargli lui da solo. Sa inoltre che l’universo ha un senso» (J. Ratzinger, ivi).

Pellegriniamo nel tempo, credendo nel “futuro del mondo”, nella redenzione del mondo: è un atto di fede, ma anche (e soprattutto) di speranza: «La redenzione ci è offerta nel senso che ci è stata donata la speranza, una speranza affidabile, in virtù della quale noi possiamo affrontare il nostro presente: il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto ed accettato se conduce verso una meta e se di questa meta noi possiamo essere sicuri, se questa meta è così grande da giustificare la fatica del cammino» (Spe salvi, 1).

Nel mentre, tra il qui e ora e il compimento del tempo, ci accompagni la benedizione di Dio, secondo le parole dei Numeri: «Ti benedica il Signore / e ti custodisca. / Il Signore faccia risplendere per te il suo volto / e ti faccia grazia. / Il Signore rivolga a te il suo volto / e ti conceda pace».

Che sia un anno di speranza e pace, oltre le fatiche della storia.