C’è una frase di Balzac in Papà Goriot che dice così: “Quando sono diventato padre, allora ho capito Dio”. Ciò che è avvenuto alle porte di Milano può essere interpretato come l’esatto contrario: come la comprensione del Diavolo. Che esista o no personalmente il Principe delle tenebre, di certo esiste il fenomeno che ne ha generato l’immagine nella mente di pressoché tutte le civiltà umane, cioè la terribile capacità di male dell’essere umano denominabile “diabolicità” …
I legami familiari sono i più intensi, i più inestirpabili, di un essere umano. Essi non dipendono dalla libertà, come nel caso dei legami affettivi all’origine della coppia che possono essere scissi, ma sono parte intrinseca e necessitante dell’individuo. Di essi non si può dare scioglimento, volenti o nolenti li portiamo e li porteremo sempre con noi.
Ebbene, diavolo etimologicamente significa “divisore”, “colui che separa”, dal verbo greco “diaballein”, letteralmente “gettare tra” e quindi “lacerare”. È per questo che il triplice delitto di Paderno Dugnano ha un sentore diabolico, quello del male senza un perché se non il semplice bisogno di fare male, della malignità.
Episodi di questo genere sono sempre avvenuti, sia nel nostro paese sia altrove, sia nel nostro tempo sia nel passato. Prova ne sia un testo del profeta Michea di circa 2700 anni fa nel quale si legge che “i nemici dell’uomo sono quelli di casa sua” (Michea 7,6). Il passo colpì molto Gesù che lo riprese alla lettera in un discorso riportato nel capitolo 10 di Matteo. Qui naturalmente quello che conta è il dato sociologico: già 2700 anni si constatava la dura inimicizia tra i membri familiari.
E se allarghiamo lo sguardo alla letteratura egizia, accadica, sumerica, greca, e immagino a tutte le letterature mondiali, ritroviamo la medesima attestazione: prova ne sia l’uccisione del padre Laio da parte di Edipo. Certo tale uccisione non era voluta (anche se predetta dal fato), ma si può forse sostenere con sicurezza che l’uccisione di ieri a Paderno Dugnano sia stata “voluta” da parte del diciassettenne che l’ha compiuta? Anche se fosse premeditata, la premeditazione non attesta necessariamente l’esplicita volontà, si può essere oggetto di obnubilamento e cominciare a non essere più veramente padroni di se stessi ma in preda al delirio (o al demonio) non solo nell’atto, ma già nel concepirlo.
Tutto questo ci porta a considerare la tremenda ambiguità nella quale siamo capitati nascendo. Plauto, commediografo latino, scrive in una delle sue commedie più famose: “Homo homini lupus” a significare che l’essere umano per l’altro essere umano è qualcosa di bestiale. Aveva ragione? Per un lato sembra proprio di sì, ma per un altro lato non possiamo dimenticare la replica che gli riservò un altro commediografo latino, Cecilio Stazio: “Homo homini deus”, l’essere umano cioè per l’altro essere umano è qualcosa di divino.
E quindi alla frase di Michea ripresa da Gesù secondo cui i nemici dell’uomo sono quelli di casa sua è possibile affiancare l’affermazione contraria: il rifugio più sicuro per l’essere umano sono quelli di casa sua. Sono vere entrambe le frasi, ma la seconda è più vera della prima, nel senso che nelle famiglie è molto più estesa la dimensione di affetto, di custodia, di cura che non il contrario.
La presenza dell’antitesi però richiama alla vigilanza, non tanto nel senso della vigilanza notturna, quanto nel senso della vigilanza evangelica che comporta l’attento discernimento della vita di sé e degli altri. Vivere non è semplice, è l’arte più complessa.
Concludo citando un brano di Franco Battiato in una canzone scritta alla fine del secolo scorso quando, constatando la difficoltà del vivere in un mondo saturo di parassiti senza dignità, diceva a se stesso che tutto questo lo spingeva a “essere migliore con più volontà”.