Non di solo ‘feed’

di Enrico Parazzoli

All’inizio del tempo di Quaresima siamo invitati a non cedere alla bulimia di nutrimenti senza sostanza, ma a scegliere di vivere cercando altro ‘pane’ e altre parole, che diano vita e rigenerino la nostra (e altrui) umanità.

«Nutrire». Fino a vent’anni fa, il verbo inglese feed significava questo. Se utilizzato come sostantivo, il termine poteva indicare anche il «mangime per gli animali» o – in accezione più colloquiale – un «pasto sontuoso». Poi sono arrivati Facebook e i social. E il significato di questa parola si è trasformato, fagocitato dalla tecnologia e da un diverso linguaggio.

Oggi, il termine feed è utilizzato soprattutto per indicare gli scroll infiniti di contenuti che i social ci propongono: “listoni” che sarebbero in teoria progettati per rispondere ai nostri interessi, ma che in realtà soddisfano primariamente i bisogni economici delle piattaforme. Nel tempo, il termine feed si è dunque allontanato dal suo significato alimentare: il feed tecnologico di oggi è come un cibo che ci offre una sazietà illusoria, ma senza mai nutrirci davvero. Una specie di ‘cibo spazzatura’ digitale, pieno di gustosi additivi.
Il suo ruolo è però sempre più centrale. È il formato standard delle nostre esperienze in Rete, il flusso che plasma le nostre routine e che permette il continuo versamento dei nostri dati personali all’interno delle banche-dati dei social. Attualmente però i feed hanno diversi problemi. In primo luogo, sono diventati troppi. Siamo esposti continuamente a decine di feed diversi: dalle homepage delle piattaforme streaming alle newsletter nella casella di posta, dalle notifiche sui nostri telefoni e orologi smart ai risultati dei motori di ricerca, fino alle chat con l’AI, tutto è un feed. In più, sono diventati sempre meno visibili e riconoscibili. E questo genera una sorta di stanca insoddisfazione.

In secondo luogo, le regole dei feed sono cambiate. E non per il meglio. La componente umana – sia nella creazione che nella selezione dei contenuti – è andata diminuendo, in favore di post automatizzati o generati con l’intelligenza artificiale (nella speranza di rianimare la reattività degli utenti). Tra le ‘vittime’ di questo nuovo paradigma ci sono anche i contenuti giornalistici, che sono stati penalizzati un po’ ovunque in favore dell’intrattenimento: non solo su Instagram, ma anche su YouTube e TikTok. Una decisione politica, prima che tecnologica, con le piattaforme intenzionate a diminuire i propri costi e le proprie responsabilità. Un feed più leggero fa bene alla salute, dicono. Non dunque un «pasto sontuoso», ma un «mangime» senza nutrienti.

E cosa possiamo fare noi, che in questa sorta di fast food digitale ci troviamo a vivere? Tra segnali inquietanti di integralismo, di belligeranza esplicita o mascherata, di perdita del senso di comunità a favore del branco e della tribù, noi cristiani entriamo in Quaresima. Consapevoli di quanto è difficile orientarci, trovare un bandolo, non essere sommersi da ‘contenuti’ e accecati da luccicanti stories. Cerchiamo parole che abbiano una densità, un valore, che siano ’intelligenti’ e capaci di spronare alla ricerca, alla curiosità, all’accoglienza delle differenze e alla scoperta di quanto ci accomuna. Non ci rassegniamo alla banalità, alla volgarità, alla semplificazione che appiattisce. Non oltrepassiamo la soglia del rispetto dell’altro – chiunque altro! – nel desiderio di un bene condiviso, del far prevalere ciò che edifica su ciò che demolisce e strappa. Intuiamo che la fatica è e sarà grande: in gioco c’è sempre la dignità dell’umano. Ci mettiamo in ascolto, ancora. Di noi stessi, degli altri, soprattutto della voce di chi non viene considerato e ritenuto marginale.
Riapriamo il Vangelo: non come un libro di risposte e soluzioni, né di consolanti massime e frasi buone per ogni occasione, ma come un sentiero che – attraverso Gesù, morto e risorto – conduce a intravedere in modo diverso il reale, a fare i conti in altro modo, senza pretendere di misurare tutto, di prevedere tutto, di ingurgitare tutto. Cerchiamo un cibo che ci sostenga e non ci appesantisca, che ci conservi umani, che si possa condividere. Smettiamo dunque di scrollare schermi cercando feed che ci seducano per un istante e – alzandoci in piedi – ci rimettiamo in cammino, ancora insieme: cercatori di verità, di giustizia e di speranza. Oggi e qui.