Messaggio dell’arcivescovo padre Roberto a tutta la comunità diocesana

La tua vita è anche la mia

Stiamo vivendo tempi difficili che mettono alla prova i nostri stili di vita, le consuetudini e i gesti con i quali esprimiamo e viviamo abitualmente. Questo tempo di Quaresima ha assunto, in modo drammatico, il suo carattere penitenziale, obbligandoci a un nuovo rapporto con le persone, l’uso del tempo, il silenzio, la solidarietà e la responsabilità. Siamo chiamati non solo ad accettare una realtà che ci obbliga e costringe a camminare per sentieri stretti, ma anche ad accoglierla trovando in essa motivi di riflessione e di rinnovamento. Ci viene anzitutto chiesto di vivere l’empatia nei confronti della fragilità, la nostra e quella degli altri. Siamo chiamati non solo a pensare a noi, ma a pensare alle altre persone e agire in vista del bene del prossimo, che poi diventa il nostro bene.

Ecco perché è importante collaborare, assumere scelte comunitarie consapevoli, senza pensare di fare da soli. Emerge una verità che forse prima era solo intuita, ma oggi è evidente: la vita è mia ma non dipende solo da me.

Infatti, basta poco, un virus (dal nome regale), che ci costringe a ricordare la nostra fragilità e creaturalità. Siamo chiamati a scegliere se alimentare la paura oppure farci coinvolgere e sentirci responsabili di uno sforzo comune, per il bene di tutti. Scopriamo proprio in questi giorni la bellezza di una vita che possiamo donare agli altri, piuttosto che tenerla solo per noi.

Propongo a ciascuno di voi di vivere questo tempo in cui si è costretti forse a stare in casa, come un recupero della propria interiorità, del tempo dato a sé stessi, al silenzio che ci rigenera interiormente. Ci farebbe bene spegnere, ogni tanto, il cellulare e il televisore che ci inondano continuamente con notizie ripetute infinite volte, per riappropriarci di una sana solitudine.

Attraverso questo tempo di prova siamo chiamati a ricostruire la fiducia verso gli altri. Verso gli scienziati, i medici, gli infermieri, tutti coloro che si spendono e rischiano per restituire salute e serenità; verso coloro che amministrano la vita pubblica ma anche verso le persone che incontriamo e a cui dobbiamo offrire la nostra responsabilità e chiedere la loro.

Le chiese aperte ma senza celebrazione eucaristica o l’assenza delle liturgie tipiche del tempo di Quaresima, possono darci un senso di tristezza, ma anche stimolarci a ritornare a quel rapporto personale, intimo con il Signore. Non sprechiamo questo tempo, valorizzando quanto ci veniva così spesso offerto con abbondanza e gratuità e che forse non sempre abbiamo apprezzato.

L’assenza spesso ci aiuta a capire meglio la presenza. Il digiuno eucaristico, a cui siamo forzatamente obbligati, ci aiuti a capire la grandezza, la bellezza e il dono che il Signore fa di sé stesso nell’Eucaristia. Coraggio! Questo tempo di prova ci aiuti a ritornare con più gioia e desiderio di incontro, proprio come coloro che dopo un tempo passato nell’oscurità si rallegrano nel vedere e lasciarsi scaldare dalla luce del sole.padre

Roberto arcivescovo