Una lettera del Papa che ribadisce il grande valore delle parole umane nel cammino della vita, con un auspicio formativo per laici e religiosi
Con sorpresa, Francesco ha diffuso il 4 agosto una Lettera sul ruolo della letteratura nella formazione: un testo bello, ricco, che contribuisce a illuminare un paradigma formativo e umano di cui c’è sempre più necessità, nell’epoca del dominio tecnico e quantitativo.
In poche pagine, il papa — ricordando anche di essere stato, da giovane gesuita, insegnante di letteratura — ricorda la grande forza del gratuito e la capacità conoscitiva della letteratura (riannodando il testo ad altre sua affermazioni precedenti sulla necessità della poesia): romanzi e poesia sono occasioni di conoscenza di sé e dell’altro, poiché offrono al lettore parole che ospitano esperienze trasversali all’umanità, emozioni e sentimenti, desideri e speranze, drammi e sconfitte comuni. È la letteratura che riesce a dare voce a ciò che abita negli uomini e nelle donne di sempre: «La letteratura ha così a che fare, in un modo o nell’altro, con ciò che ciascuno di noi desidera dalla vita, poiché entra in un rapporto intimo con la nostra esistenza concreta, con le sue tensioni essenziali, con i suoi desideri e i suoi significati» [6].
In un contesto sempre più governato da algoritmi, da misure e numeri, il Papa ribadisce l’essenziale valore della letteratura: essa educa all’empatia, ricorda quanto ciò che ognuno vive è in qualche modo vissuto anche da altri, vince la solitudine, combatte uno dei flagelli dei nostri anni dominati dai social, ossia «l’incapacità emotiva» (in eco con Eliot): «Alla luce di questa lettura della realtà, oggi il problema della fede non è innanzitutto quello di credere di più o di credere di meno nelle proposizioni dottrinali. È piuttosto quello legato all’incapacità di tanti di emozionarsi davanti a Dio, davanti alla sua creazione, davanti agli altri esseri umani. C’è qui, dunque, il compito di guarire e di arricchire la nostra sensibilità» [22].
Ancora, scendere nel profondo di sé attraverso le parole degli scrittori diviene scoperta del mistero che ci abita, oltre i manicheismi, i moralismi, i facili giudizi: c’è un abisso del cuore umano che la letteratura sa sfiorare e che porge al lettore, dando la possibilità di intuire analogie e similitudini e così saldando parole altrui alla propria esistenza e alla sue molteplici strade interiori.
Varrà al pena sottolineare ancora quanto Francesco ricordi il valore del gratuito artistico — in questo scorcio di secolo XXI in cui anche gli indirizzi governativi su scuola e cultura vogliono relegare il campo letterario e artistico-figurativo ai margini, perché non funzionali ad un profitto economico immediato. L’analfabetismo affettivo che ci circonda avrebbe bisogno di più poesia, e non meno, anche tra i cristiani. Non a caso il Papa esorta a dare maggior spazio alla letteratura nella formazione dei cristiani e dei presbiteri in particolare, poiché così si supererebbero anche rigidità personali, riconoscendo quella «polifonia della creazione» [10] che è dono dello Spirito, oltre gli steccati e le appartenenze, che non sono recinti in cui Dio si costringe.
In questo senso, è da evidenziare come opportunamente Francesco superi i ristretti e poveri limiti dell’apologetica e della letteratura edificante, dove lo scopo artistico è piegato all’esigenza di un messaggio morale: «Si capisce così che il lettore non è il destinatario di un messaggio edificante, ma è una persona che viene attivamente sollecitata ad inoltrarsi su un terreno poco stabile dove i confini tra salvezza e perdizione non sono a priori definiti e separati. L’atto della lettura è, allora, come un atto di “discernimento”, grazie al quale il lettore è implicato in prima persona come “soggetto” di lettura e, nello stesso tempo, come “oggetto” di ciò che legge» [29]. Parole che andrebbero riprese ogni qual volta negli ambienti cattolici si propongono letture e conferenze a semplice scopo moraleggiante, senza aprirsi al mondo e alle sue cangianti luci e ombre, dimenticando la complessità del reale e la corporeità del messaggio evangelico: «Dobbiamo stare tutti attenti a non perdere mai di vista la “carne” di Gesù Cristo: quella carne fatta di passioni, emozioni, sentimenti, racconti concreti, mani che toccano e guariscono, sguardi che liberano e incoraggiano, di ospitalità, di perdono, di indignazione, di coraggio, di intrepidezza: in una parola, di amore» [14].
Andare ai testi, coltivare gusti personali di lettura, concedersi del tempo libero per accostarci alla letteratura, educarci all’ascolto e al discernimento, prestare orecchio alla voce che percorre una pagina, far risuonare in sé parole e Parola – che per il cristiano è il Dio che si incarna: «Per i cristiani la Parola è Dio e tutte le parole umane recano traccia di una intrinseca nostalgia di Dio, tendendo verso quella Parola» [24] —, ringraziare per la ricchezza del genio umano: anche questi temi sono ripresi da Francesco, in un argomentare che procede con delicatezza e con serena convinzione.
La lettera del Papa è un dono prezioso per il tempo estivo e, speriamo, per i mesi successivi. Soprattutto, sarà da far cadere questo prezioso testo nella pastorale ordinaria e, come auspica anche il Papa, nel percorso formativo di laici e soprattutto religiosi.
E pertanto, anche a fronte di una maggior fatica di lettura che si riscontra nel veloce e connesso mondo contemporaneo, perché non pensare a incontri o corsi di letteratura, magari in dialogo con le spiritualità?
E perché non iniziare qualche corso universitario, nelle numerose istituzioni accademiche cattoliche, in cui si mettano in dialogo seriamente, oltre semplici accostamenti e oltre stucchevoli strumentalizzazioni, il tesoro della Parola e il tesoro delle parole umane?
fonte: https://www.vinonuovo.it/