Messaggio padre Roberto

Omelia per il Mercoledì delle Ceneri

Carissimi…

Riprendo una riflessione che ho presentato già altre volte: la Chiesa, ogni anno, nel suo calendario, ci presenta la pedagogia della ripetizione di gesti, riflessioni, indicazioni, momenti.  In effetti, il calendario liturgico ha proprio nel suo ripetersi la caratteristica di farci rivivere nel tempo i misteri della vita del Signore. Dentro questa routine che si ripete vi è però lo spazio per la risposta personale e comunitaria per maturare, per cambiare, per crescere nella fede, per convertirsi veramente a Dio. Ancora una volta, siamo invitati a passare da un semplice Kronos, quantitativo, il tempo che passa, a un Kairòs, un tempo qualitativo, un’occasione di grazia. Un’occasione favorevole per rispondere al Signore.

Siamo dunque arrivati, una volta in più nella nostra vita, al Mercoledì delle Ceneri. Dobbiamo vivere questa celebrazione con una preghiera nel cuore: chiedere a Dio di farne occasione di conversione, di nuovo cammino, di tempo di Grazia!

Quali segni e parole caratterizzano questo giorno? Vorrei sceglierne alcuni.

Per esempio, oggi risuona con più forza la parola conversione. Questa parola ha la sua radice nella parola greca metanoeite, che vuol dire cambio di mentalità, di modo di pensare, cambio totale della direzione della via e della vita. Cosa vuol dirci la Chiesa e la liturgia con questa parola-chiave del tempo di Quaresima?

In primo luogo, siamo invitati a essere consapevoli del nostro modo di pensare e di quali siano i criteri che guidano le nostre decisioni, le nostre azioni. Il profeta Gioele ci dice: laceratevi il cuore e non le vesti. Cosa significa? Che una religione solo esteriore non è gradita a Dio (lacerarsi le vesti come segno penitenziale…). Quello che il Signore vuole è qualcosa di più profondo: lacerarsi il cuore. Significa per esempio che a una pratica formale della Religione (partecipare ai riti solo per la visibilità sociale…) si deve sostituire un reale cambio nel modo di trattare gli altri, nel perdono, nella carità concreta, nel modo di parlare degli altri. Papa Francesco ha ricordato spesso il male delle critiche, delle chiacchiere distruttive, delle calunnie, in tutti gli ambiti di vita, sia nel clero come nei fedeli. Gesù ci dice: non praticate la vostra giustizia davanti agli uomini… È un invito a non fare azioni religiose solo per essere lodati dalle persone: vedi che generoso, che praticante, che bravo, che persona di preghiera, che pio, etc. Naturalmente, è cosa buona fare tutto questo purché la motivazione non sia la propria vanagloria, quella mondanità spirituale di cui parla papa Francesco, e che può anche toccare noi ministri che celebriamo tutti i giorni. Dobbiamo avere a cuore la lode a Dio, il desiderio di entrare sempre più in relazione con Lui.

Gesù poi continua dandoci altri esempi di cambio di mentalità. Oltre alla preghiera, indica il digiuno e l’elemosina. Anche questi tre atteggiamenti fondamentali nel tempo di Quaresima possono essere impostati come elementi per la propria vanità spirituale.  Per questo motivo Gesù insiste che bisogna farli in segreto per non cercare l’applauso. Questa parola, segreto, nel vangelo di oggi è ripetuta molte volte: è come il luogo interiore, la coscienza, la vita spirituale intima, in cui possiamo incontrare Dio, liberandoci dalla tentazione di esibire, mostrare la nostra religiosità.

L’altra parola che oggi ci viene incontro è la cenere. Qual è il significato biblico del segno delle ceneri? Anzitutto le ceneri sono segno della debole e fragile condizione dell’uomo. Abramo rivolgendosi a Dio dice: io che sono polvere e cenere… (Gen 18,27). Giobbe riconoscendo il limite profondo della propria esistenza, con senso di estrema prostrazione, afferma: Mi ha gettato nel fango: son diventato polvere e cenere (Gb 30,19). In tanti altri passi biblici può essere riscontrata questa dimensione precaria dell’uomo simboleggiata dalla cenere (Sap 2,3; Sir 10,9; Sir 17,27). Ma la cenere è anche il segno esterno di colui che si pente del proprio agire malvagio e decide di compiere un rinnovato cammino verso il Signore. Particolarmente noto è il testo biblico della conversione degli abitanti di Ninive a motivo della predicazione di Giona: I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, dal più grande al più piccolo. Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere (Gio 3,5-9). Siamo dunque chiamati a vivere il gesto dell’imposizione delle Ceneri non come un rito magico, ma come un rito che rimanda a una realtà più profonda, al ritorno alla verità di noi stessi (quello di cui siamo fatti), per poter meglio leggere la nostra realtà, le cose a cui dobbiamo dare importanza.

Il peccato di Adamo è stato quello di non riconoscere la propria creaturalità: essere come Dio, senza Dio, contro Dio. È quello che vive spesso l’uomo d’oggi: vuole eliminare Dio dal proprio orizzonte di vita, essere padrone assoluto di sé stesso, portandosi così inevitabilmente alla rovina, perché di fatto non è padrone totale di sé, ma deve riconoscere la propria creaturalità e fragilità.

Oggi siamo chiamati dunque a coinvolgere il corpo nel nostro itinerario di conversione che è insieme interiore ed esteriore: con il digiuno. Riscopriamo il digiuno, allora, per togliere qualcosa al nostro corpo e riempire l’anima di nutrimento spirituale. Oltre al digiuno alimentare, siamo chiamati a essere maggiormente responsabili circa la risorse, a evitare lo spreco alimentare, a privarsi di tante cose alimentari non necessarie, donandole e non sprecandole. Questo è il punto di partenza, poi va bene tutto il resto: rinunce, meno televisione, meno telefonini, meno navigazione al computer. Il digiuno diventi una formazione del proprio cuore, che impara ad amare Dio e il prossimo anche con un sano amore verso sé stessi. Insieme sono il trittico necessario per la nostra conversione.

Riscopriamo l’elemosina come dare qualcosa di noi stessi, non solo soldi, ma tempo, affetto, attenzione, considerazione, intelligenza. Il Papa ci dice: Fare elemosina per uscire dalla stoltezza di vivere e accumulare tutto per noi stessi, nell’illusione di assicurarci un futuro che non ci appartiene. E così ritrovare la gioia del progetto che Dio ha messo nella creazione e nel nostro cuore, quello di amare Lui, i nostri fratelli e il mondo intero, e trovare in questo amore la vera felicità. Riscopriamo la preghiera, non tanto nel dire molte formule il dedicare del tempo al nostro rapporto con Dio, a leggere la realtà lasciandoci guidare dalla presenza di Dio in noiPregare per saper rinunciare all’idolatria e all’autosufficienza del nostro io, e dichiararci bisognosi del Signore e della sua misericordia. Preghiera dunque come relazione con Dio, apertura a Lui, meditazione e azione che viene dal contatto giornaliero con la Sua Parola.

Si potrebbe, in questa Quaresima, dedicare ogni giorno un po’ di tempo (anche solo 10-15 minuti) alla lettura di una pagina del vangelo.

+ Roberto, Arcivescovo