Dopo l’articolo di Simona Segoloni La celebrazione dell’eucarestia in tempo di Pandemia: senza presbitero no, senza popolo si? che ha provocato e suscitato differenti reazioni, l’articolo che segue mette ulteriormente in evidenza il problema non solo della mancata ricezione della riforma liturgica ma un tentativo, alquanto maldestro, di strumentalizzare la liturgia per questioni ideologiche e politiche.
Ritengo ci sia un pericoloso collegamento nelle manifestazione di insofferenza e protesta nella Chiesa per le restrizioni liturgiche e il concetto stesso di liturgia ridotta, purtroppo, all’esercizio del culto e a forme celebrative alternative, a volte bizzarre e stravaganti, messe in rete con eccessiva disinvoltura col pretesto di favorire e coinvolgere la partecipazione dei fedeli costretti a rimanere a casa.
Credo che un “digiuno” dalle celebrazioni, si sottolinea forzato, possa contribuire ad una maggiore coscientizzazione e riscoperta dei significati insiti nella liturgia non solo sul piano del diritto per esprimere la libertà di culto, ma come espressione di un modo di credere, di celebrare e di vivere e che trova nel Vangelo il fondamento assoluto spesso messo in secondo piano.
Don Alessandro Enna