A conclusione di un anno alquanto drammatico ma visitato ugualmente dalla luce della fede, ci ritroviamo, come Comunità credente, per esprimere al Padre della vita il nostro Grazie.
Questa determinazione cosmica del 31 dicembre di ogni anno è un appuntamento convenzionale, in quanto, sappiamo bene, che tra qualche ora di fatto cambierà poco. Eppure, la consapevolezza del tempo che, inesorabilmente scorre, ci costringe a sostare per tentare sempre un bilancio.
La liturgia che stiamo celebrando, che di fatto chiude un anno e ne apre uno nuovo, ha un modo tutto suo per aiutarci a guardare gli eventi passati dalla giusta prospettiva, e cioè sotto la luce di Dio, principio e fine di tutto ciò che esiste. Sì, perché se dovessimo lasciarci andare al nostro naturale istinto di analizzare tutto sotto la sola nostra luce e personale prospettiva, rischieremmo di cogliere solo in parte la verità profonda di ciò che abbiamo vissuto in questo anno.
In questo tentativo di lettura e analisi dell’anno trascorso, la liturgia della solennità della Divina Maternità, e in particolare il Vangelo di Luca che abbiamo ascoltato, ci propone l’atteggiamento di Maria. Lei, nei racconti della Natività che stiamo ascoltando in questi giorni, appare sempre silenziosa ma attenta a tutto, e in special modo a quei particolari che nella vita rivelano il senso profondo delle cose e rifuggono da clamori e visibilità. Dio agisce nell’apparente insignificanza delle cose. Maria – dice il testo di Luca – custodisce e medita: due verbi chiave che ci invitano a non trascurare nulla di quanto accaduto nell’anno appena trascorso. Saremmo tentati di fare noi una scelta tra ciò che è servito ed è stato positivo da ciò che invece è stato pura disgrazia e non per il nostro bene.
Come credenti, ad imitazione di Maria, e grazie allo Spirito Santo, con quell’intelligenza spirituale che riconosce Dio come padre buono che veglia sul cammino dei suoi figli, siamo invitati a custodire tutto dell’anno trascorso, e a mettere insieme i giusti significati accanto agli eventi vissuti. La fede ci spinge sempre ad andare oltre la superfice degli eventi.
Siamo tutti tentati di classificare l’anno trascorso come fra i peggiori degli ultimi secoli: un anno impraticabile, saturo di dolori e afflizioni. Un anno che abbiamo la tentazione di interpretare come una grande disgrazia per tutto il mondo. Un anno che ci ha imposto una maschera sul viso, ma ne ha fatte cadere tante altre che nemmeno sapevamo essere maschere: le false sicurezze, il mito del progresso infallibile, l’idea di essere al riparo dalle grandi tempeste. E così, ci siamo scoperti vulnerabili ed esposti a rischi che non erano sotto il nostro controllo. Ci siamo scoperti impreparati al passaggio del tempo. La bufera che si è abbattuta ha imposto bruschi limiti ai luoghi e alle espressioni della vita. E abbiamo tutti, di nuovo, imparato a sillabare, più e più volte, parole come incertezza, distanza, fragilità, solitudine, paura.
Il nostro pensiero ancora per quanti soffrono il dolore di morti improvvise e premature e fra queste ultime non posso non fare memoria della cara Veronica Murgia che, conformata anche nel corpo alla Croce di Gesù, ha lasciato a me e ai suoi cari preziosi insegnamenti di vita evangelica con la testimonianza di una preghiera vissuta fino alle fine come comunione e affidamento totale a Dio.
Ma il nostro grazie a Dio, questa sera, perché possa essere espressione di un corpo, quello di Cristo in noi, non può fare a meno di condividere la gratitudine per il dono che siamo gli uni per gli altri. Voi lo siete per me… per me siete una famiglia… non siete destinatari di prestazioni religiose e vi chiedo perdono se spesso i miei modi o le mie inadempienze possono compromettere i miei desideri e i miei propositi di bene per voi.
Grazie a tutti per quello che siete, grazie a tutti i collaboratori che, seppur in questo tempo che vede anche una forte di riduzione dalla vita della Comunità, contribuite con fedeltà al vostro servizio a testimoniare la Chiesa viva di Gesù, consapevoli che vero artefice di tutto ciò che di bello e buono condividiamo in Parrocchia è lo Spirito Santo!
Lo Spirito, quest’anno, grazie al ministero del nostro vescovo Roberto,a motivo dell’impossibilitàda parte mia di seguire costantemente la parrocchia di Sant’Anna, ci ha fatto dono di don Ernest come vicario parrocchiale per la Comunità di Sant’Anna.
Fra in tanti doni di Grazia, dobbiamo anche riconoscere che questo virus sta raschiando in profondità la nostra vita, anche in relazione a quel lavoro personale che facciamo quando, illuminati dallo Spirito, tentiamo una seria verifica delle motivazioni profonde che stanno alla base del nostro impegno in parrocchia e anche nella vita. Fa pensare che la vita della Comunità parrocchiale, specialmente all’interno delle diverse ministerialità e servizi, si esprima spesso, in modo sproporzionato, più sui singoli servizi da svolgere che sull’effettiva condivisione della vita di fede nella Comunità. Il nostro fare deve essere sempre espressione di ciò che è essenziale e prioritario: la liturgia domenicale, l'ascolto della Parola, la testimonianza della carità tra di noi.
Grazie anche a voi cari ragazzi, per la vostra presenza… siete il futuro non solo del nostro paese ma anche di questa parrocchia nella quale potete fare esperienza che Gesù non è un mito o personaggio della storia ma una presenza viva, talvolta sconvolgente e drammatica ma garanzia di realizzazione della nostra umanità. Vi guardo con affetto e ammirazione e vi benedico, insieme alle vostre famiglie per quello che siete.
Il Signore, in questa sera, ascolti la nostra preghiera e per intercessione di Maria, nostra patrona massima, esaudisca i nostri desideri di bene per il nuovo anno. Amen.
Marrubiu, 31 dicembre 2020